“Diagramma d’onda blu, è un angelo!”
Nel 2015, in una (ormai non più) futuristica Neo-Tokyo 3 devastata da un evento simil-apocalittico – il “Second Impact” – una gigantesca minaccia si abbatte sulla popolazione giapponese. L’essere viene identificato come “angelo”, e le forze militari giapponesi utilizzano tutto il loro armamentario per tentare di sconfiggerlo, senza successo. Nel caos scatenato dallo scontro tra gli umani e il loro mostruoso nemico, un ragazzino di quattordici anni di nome Shinji attende l’auto di Misato Katsuragi, avvenente ragazza appartenente all’agenzia speciale “Nerv”; insieme si recano proprio all’interno della zona operativa della Nerv, guidata dal padre dello stesso Shinji, Gendo Ikari. Il motivo per cui Shinji deve recarsi in quel luogo è presto detto: sarà compito suo combattere e sconfiggere l’angelo che sta mettendo a ferro e fuoco la capitale giapponese, e dovrà farlo utilizzando un’arma specificamente costruita per affrontare gli angeli: l’Eva-01, gigantesca creatura umanoide che Shinji dovrà pilotare.
Ovviamente Shinji è estremamente confuso e angosciato. Perché proprio lui? Perché deve essere un ragazzino, peraltro privo di qualsiasi forma di addestramento, a guidare l’Eva-01 e salvare l’umanità?
Inoltre Shinji ha una storia particolare: orfano di madre, viene abbandonato dal padre e cresciuto in un’altra famiglia. Dopo tre anni dall’abbandono, il padre lo richiama, non per affetto, ma per mero utilitarismo: desidera che il figlio piloti l’Eva, ed è estremamente sicuro che lo farà. Proprio a causa del suo passato doloroso, Shinji è infatti alla costante ricerca di riconoscenza e amore da parte degli altri; anche da parte del padre, che Shinji odia profondamente ma dal quale, allo stesso tempo, desidererebbe ottenere fiducia e affetto.
Neon Genesis Evangelion, serie anime in 26 episodi prodotta nel 1995 e creata dall’eccellente mente di Hideaki Anno, si apre dunque con uno straziante quesito per il protagonista Shinji Ikari: salire sull’Eva per salvare l’umanità e ottenere finalmente affetto da parte del prossimo, o fuggire come farebbe un qualsiasi ragazzino gettato in quella situazione?
Sicuramente tra le opere più celebri dell’animazione giapponese, questo vero e proprio cult sbarcherà il 21 giugno su Netflix, presentandosi dunque al grande pubblico.
Dalle prime sequenze del primo episodio si potrebbe trarre l’impressione che Neon Genesis Evangelion sia solamente l’ennesimo tassello del genere mecha, lunga schiera di opere giapponesi rappresentanti robot colossali che combattono nemici altrettanto giganteschi, un genere fortemente influenzato dai kaijū (“mostro sconosciuto”) la cui nascita è databile 1954 con l’uscita del celeberrimo Godzilla (curiosità: Hideaki Anno, autore di Evangelion, è stato anche regista dell’acclamato Shin Godzilla del 2014).
Ma il vero punto di forza della serie, che ha contribuito in modo decisivo a renderla un cult, è la rappresentazione di emozioni che colpiscono perché sono estremamente e semplicemente umane. Anche le scene di combattimento puro non sono guidate dal solo intento di stupire lo spettatore imboccandogli sequenze catastrofiche nelle quali l’eroe sconfigge il cattivo senza che la lotta lasci segni tangibili sulla sua coscienza. Shinji si ritrova ad aver a che fare in ogni scontro non solo con il nemico, ma soprattutto con se stesso, costretto com’è a prendere decisioni dolorose in un costante conflitto interiore.
A ciò si aggiunge il mistero che tiene lo spettatore col fiato sospeso. Gli angeli sono classificati come nemici e dunque combattuti, ma la loro reale natura è prettamente sconosciuta, come è la funzione principale della Nerv. I personaggi intraprenderanno dunque un’indagine che li porterà a rivelare qualcosa di molto più grande di loro.
Parallelamente a ciò intraprenderanno un percorso di crescita interiore. Infatti nessun personaggio in Evangelion è esente da “difetti”, anche i caratteri all’apparenza più forti celano pensieri dolorosi mai sopiti. In questo senso Neon Genesis Evangelion dipinge un fedele ritratto dell’essere umano, essere mai compiuto ma sempre in tensione per il superamento delle difficoltà che il mondo gli propone. In particolare, un argomento che ritorna nel corso della serie è il rapporto genitore – figlio, qui spesso rappresentato come estremamente travagliato e difficoltoso, quindi essenzialmente verosimile.
Non a caso Hideaki Anno scrisse la sceneggiatura di Evangelion sul finire di una depressione durata 4 anni. L’acquisizione di consapevolezza di se stessi da parte dei personaggi segue esattamente il percorso intrapreso da Hideaki Anno per uscire dalla condizione depressiva.
Sicuramente la messa a disposizione di Neon Genesis Evangelion su Netflix rappresenta un’occasione d’oro per chi avesse voglia di scoprire una pietra miliare dell’animazione giapponese, una visione che cattura soprattutto il cuore dello spettatore, trascinandolo negli abissi dell’animo umano.
-Daniele Stricagnoli
Di seguito, il trailer Netflix di Neon Genesis Evangelion