Lo studente universitario fuorisede sa che in un famigerato giorno di inizio gennaio dovrà tornare alla base: il polentone più a sud e il terrone più a nordE, ma nessuno sarà risparmiato dal viaggio della speranza.
N.B. Se non avete intenzione di riportare a galla tutto l’odio e il rancore che avete provato mentre viaggiavate dalla vostra home sweet home fino a questa sperduta cittadina toscana, fermatevi ora.
Chiunque invece sia ancora provato dall’Odissea affrontata due settimane fa, vada avanti.
Qui troverà comprensione e conforto.
Dicevo, che voi veniate dalla Calafrica come me (o da ancora più giù) o dalle terre a Nord del Po, tutti avete sicuramente affrontato almeno un disagio per arrivare fino a Siena.
Cominciamo con il primo: la valigia.
Neanche Hulk riuscirebbe a sollevarla. Perché quando torni a gennaio c’è la sessione, non sai quando tempo passerà prima di tornare in patria, ci sono i maglioni che pesano e occupano lo spazio di 10 elefanti. E poi le riserve di cibo per il letargo invernale non ce le vuoi mettere?
Mettiamo che tu abbia deciso di viaggiare in treno, questo sarà il primo momento in cui te ne pentirai (sì, ce ne saranno altri). Vagherai per la tua carrozza con la speranza di trovare un posticino al tuo mastodontico bagaglio. Nella maggior parte dei casi, non lo troverai. Se invece Paolo Fox non si sbagliava quando diceva che il 2019 sarebbe stato il tuo anno fortunato, riuscirai a scovare uno spazio tra due sedili dove depositare la tua valigia. Ma, è bene ricordarlo, Trenitalia non tiene conto che la tua valigia è grossa come se contenesse due cadaveri. Quindi ti accingi a cercare di far entrare con le buone e, soprattutto, con le cattive quel mostro che ti porti appresso. Dopo svariati tentativi e calcoli della migliore angolazione perché i barattoli di ragù non si rompano, riesci finalmente a collocare il tuo bagaglio e allora vai a sederti lontano lontano, al tuo posto.
Disagio numero 2: toglierti le mille cose che hai addosso.
Siccome la valigia non ti bastava, hai pensato bene di portarti anche uno zaino strapieno e la borsa del computer a tracolla. Per di più, è inverno, il che significa giubbotto, cappello, guanti, sciarpa, eccetera eccetera. Quindi, dopo una performance di contorsionismo che il Cirque du Soleil ti assumerebbe all’istante, riesci a mettere tutto sopra la testa e ti siedi, sudata, con i capelli sparati, distrutta. E non sei neanche a metà della tua avventura.
Dopo esserti ripresa, tiri giù nuovamente lo zaino e, mentre cerchi le cuffie in una borsa che farebbe invidia a Mary Poppins e ti maledici perché, anche stavolta, non hai pensato a metterle in tasca, ecco che arriva il terzo disagio. Lei, la fashion-blogger del tuo vagone, che passa in mezzo ai sedili come se stesse sfilando per Versace e trascina (trascina? Un verbo troppo poco di classe per una come Lei) conduce con eleganza il suo mini-bagaglio. E tu la guardi e ti chiedi perché Lei sembri arrivata dalla Milano Fashion Week, mentre tu invece assomigli a un chlochard.
Passato l’attimo di sconforto e anche qualche ora, eccoci giunti all’arrivo. Alla prima stazione di questa via crucis, è ovvio. Infatti, non tutti i treni (quasi nessuno, pensandoci) portano a Siena, per cui dovrai fare almeno un cambio. E siccome i treni diretti per questa città partono solo da Empoli, Firenze e qualche altro fortunato paesino e non certo dalla Capitale, io e tanti altri optiamo per il pullman.
Dunque, il treno è quasi arrivato.
Ti alzi, ti prepari (il che significa ricoprirti nuovamente delle mille cose sopra citate) e ti avvii a recuperare la valigia. E mentre sei in fila nel tuo vagone in attesa di uscire dal treno, morta dal caldo e provata dalla stanchezza, ecco che sullo schermo compare la scritta: + 10 min. La consapevolezza è immediata: “il treno ritarda, io rischio di perdere la coincidenza“.
Quindi, neanche il tempo di scendere dal treno, che diventi Usain Bolt verso il traguardo, sgomitando tra gli altri viaggiatori per raggiungere il secondo mezzo di trasporto nel minor tempo possibile.
Dopo aver sfiorato l’infarto, ci arrivi (toh guarda, nuovamente sudata!) e, ancor più di prima, cadi in uno stato comatoso finché il conducente non dice al microfono “Siena, fermata Gramsci!”.
E ora l’ultimo, grande, immenso disagio: SIENA.
Dopo aver constatato sulla tua pelle che non è proprio la migliore città italiana in quanto a collegamenti, scendi dal pullman, recuperi la tua valigia e aspetti un autobus per… Aspetta. Autobus? Dentro le mura? Cosa vai blaterando! Quindi ti rassegni, cominci a trascinare il bagaglio e ti incammini stravolta verso casa, mentre le ruote della valigia fanno echeggiare per i vicoli un soave sottofondo funereo.